Lo Schiaccianoci

Balletto in 2 atti e 3 scene

Musica Piotr Ilytch Tchaikovskij

Libretto Marius Petipa

Coreografia Lev Ivanov

Prima rappresentazione – Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, 6 (18) dicembre 1892

UN VAGGIO SENZA RITORNO

Attualmente la festa di Natale non è pensabile senza il balletto Lo Schiaccianoci. Il Valzer dei fiocchi di neve, il divertissment dei dolci sono diventati gli attributi della festa più attesa dell’ anno, per la gioia di grandi e piccini.

Tutto questo si deve allo zampino dell’allora direttore dei teatri imperiali Ivan Alekseevich Vsevolozhskij che fu interessato che Marius Petipa e Pyotr Il’ic Ciaikovskij ancora una volta lavorassero insieme. Avevano già creato La bella addormentata nel 1890. Stavolta Vsevolozhskij suggerì un famoso soggetto hoffmaniano nella versione francese di Alexandre Dumas: una storia simile si era svolta a Parigi ventidue anni prima quando il predecessore di Petipa Arthur Saint-Léon aveva creato Coppélia. Sempre sul soggetto del grande scrittore romantico tedesco, ma sostituendo la tragicità e il grottesco con il buonismo e l’ironia. Ma i gusti dell’epoca ormai sono diversi e il pubblico pietroburghese aspetta un lussuoso grand spectacle con le scene grandiose e gli effetti speciali e soprattutto con la partecipazione di una grande etoile, all’epoca quasi sempe italiana.

Ma come soddisfare tutte queste esigenze se il soggetto non dà tante occasioni ai momenti spettacolari e nel ruolo della protagonista appare una ragazzina? Lo stesso Vsevolozhskij nutriva dei dubbi e il 9 (21) agosto del 1891 scrisse a Ciaikovskij: “Ho provato un forte rimorso per averLe chiesto di scrivere questo balletto. So che non La attira. Lei ha un’animo eccezionalmente gentile per non dirmi di no”. Senza parlare dei temi e dello spirito dell’ultimo Ciaikovskij: Lo Schiaccianoci si colloca tra i due capolavori tragici: l’opera La Donna di picche e la Sesta sinfonia La Patetica. Così i pensieri del fato e della morte segnano anche la musica del balletto.

Questo amatissimo balletto nacque sotto una cattiva stella. Il potentissimo Marius Petipa, l’autentico padrone del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo preparò il piano dettagliato del futuro balletto, come al solito dettando al compositore il carattere della musica, il metro musicale e addirittura la quantità di battute. Alcuni anni prima voleva usare il soggetto de Lo Schiaccianoci per uno spettacolo della Scuola di ballo pietroburghese. Tra gli appunti di Petipa si trovano delle cose ancor’oggi non decifrate: il padre di Clara viene chiamato “Presidente”, com’era solito nei tempi della Grande Rivoluzione Francese, è previsto l’uso della danza rivoluzionaria Carmagnola ed è presente addirittura la frase “Evviva il rumore dei cannoni!”. Tutto questo fece pensare agli studiosi tra cui il grande coreografo e conoscitore del balletto classico Fedor Lopukhov che il concetto del balletto fu legato alla celebrazione del centenario della Rivoluzione. Petipa, dopo aver lavorato sull’idea e la sceneggiatura con tali scrupolo ed impegno, non mise Lo Schiaccianoci in scena: di solito si parla della malattia e dei problemi familiari, ma è probabile che nel frattempo Petipa fosse smesso di interessarsene perché alcune sue idee non furono realizzabili in un teatro imperiale. Così Lo Schiaccianoci fu affidato a Lev Ivanov, il secondo coreografo, condannato a vivere in eterno nell’ombra del brillante Petipa. Ciò fu dovuto anche alla sua sensibilità e soprattutto all’eccessiva modestia…

Ivanov (il geniale creatore degli “atti bianchi” de Il Lago dei cigni) fu costretto ad adattare la sua creatività al piano già pronto. Ed ecco il verdetto di uno dei ballettomani pietroburghesi più potenti: “Per le danzatrici c’era veramente poco, per l’arte assolutamente niente. Addirittura la musica risultò abbastanza debole”. Sentiamo un altro ballettomane, in perfetta sintonia col primo: “Un rappresentazione noiosa e assurda”. Ivanov non si sentì ispirato dal primo atto, la festa di Natale in una casa della gente per bene. La sua fantasia cominciava a fruttare al contatto con la grande musica: le coreografie del Valzer dei fiocchi di neve, della Danza cinese (Thé), della Danza russa (Trepak) e del Passo a due della Fata Confetto ed il Principe Orchade (Coqueluche) furono magnifiche, anche se il loro valore fu riconosciuto qualche anno dopo.

Simile ai balletti romantici, Lo Schiaccianoci si sviluppa su due piani, reale e fantastico, nella ricca casa borghese e nel Regno di Confiturenbourg. Ma è profondamente diverso dalle vecchie glorie come La Sylphide, Giselle, L’Ondine: la divisione dei due mondi non interessa più Petipa, testimone di un intero secolo di danza, a cui dobbiamo la conservazione e la restaurazione di molti balletti ottocenteschi. L’arte del vecchio Petipa (nel 1892 aveva settantaquattro anni) per decenni perseguitando i valori quali la bellezza, l’armonia e l’ordine comincia a somigliare a un castello incantato dove vive l’eterna felicità. Nei vecchi balletti romantici il protagonista corre dietro un bellissimo sogno e fallisce per l’impossibilità di raggiungere l’infinito. Ne Lo Schiaccianoci l’eroina parte per un viaggio fantastico e una volta raggiunta la meta, ci rimane per sempre. A dir il vero, prima di arrivare al Confiturenbourg, deve superare una prova - attraversare una foresta invernale, sopravvivere ad una tempesta di neve (che può significare una fermata, un cessare di vivere). Ma per il tardo Petipa le prove sono superabili, i sogni raggiungibili e i desideri realizzabili. E’ ovvio che nel Confiturenbourg è un simbolo del mondo celeste e dove regna la Fata Confetto la felicità è eterna… Il vecchio maestro non prevede nessun ritorno della protagonista nel mondo reale e conclude il balletto con un apoteosi descrivendo “le fontane multicolori e quelle che si illumaninano etc.” e chiedendo a Ciaikovskij “un andante grandioso di 16-24 battute”. Il libretto pubblicato dai teatri imperiali recita: “L’apoteosi rappresenta un grande alveare con le api che volano attorno e badano bene a proteggere il loro tesoro”…

Nonostante Ciaikovskij scrisse la musica seguendo scrupolosamente le indicazioni di Petipa (più tardi Glazunov, autore della Raymonda chiamerà questo modo di lavorare “la libertà nelle catene”), la partitura contiene le pagine estremamente drammatiche e laceranti. La musica che accompagna la crescita dell’albero di Natale, il Valzer dei fiocchi di neve, l’Adagio del Passo a due della Fata Confetto e il Principe Orchade (Coqueluche) sono tra loro: a volte in queste pagine si sente qualcosa simile alle trombe dell’Apocalissi. Per questo rimane un balletto irrisolto e ogni coreografo di talento ritiene il suo dovere di fornire la propria versione. In Russia si sono affermate quelle di Vassilij Vajnonen (1934) per il Teatro Kirov – già Mariinskij e Jurij Grigorovich (1967) per il Bolshoj. In Occidente è facile sbagliare il conto. L’attesa non è finita per Lo Schiaccianoci…

IRINA SOROKINA