La Sylphide

Musica Jean Madelaine Schneizhoeffer

Libretto Adolphe Nourrit

Coreografia Filippo Taglioni

Prima rappresentazione – Opéra National de Paris, 12 marzo 1832

DA TRECENTO A MILLE ANNI…

E NON LI DIMOSTRERA’ MAI

Volete trovare la scena d’apertura di un balletto dal fascino irresistibile? E’ senza dubbio quella de La Sylphide , il balletto più antico del repertorio pervenuto a noi. Una rustica casa scozzese, un pò scura, ma accogliente, un camino, una poltrona vicino al fuoco vivace, una finestra. Un ragazzo che sogna non soltanto ad occhi chiusi e ai suoi piedi un essere delizioso, una piuma, un soffio di vento, un raggio lunare… E’ lei, la Silfide.

La parola silfide fu conosciuta fin dall’antichità, ma soltanto all’inizio del Cinquecento il famoso medico e filosofo Paracelso (1493-1541) la introdusse nelle lingue europee. Sosteneva che le silfidi esistessero davvero e fossero esseri in cui gli elementi materiale e spirituale si trovassero in una perfetta armonia. Appartenevano agli spiriti superiori, erano di sesso maschile e femminile, vivevano da trecento a mille anni, possedevano l’eterna giovinezza e furono dotati da un’alta moralità, benevolenza, curiosità, costanza e… astuzia. Gradivano molto i contatti con gli esseri umani e si univano spesso attorno ai sognatori, poeti, artisti. Apparivano in sogno o realtà alle persone particolarmente sensibili.

In questa caratteristica di Paracelso è racchiuso quasi tutto il balletto. Nasce trecento anni dopo, in un’epoca meravigliosa che non smise mai ad esercitare un forte fascino sui posteri: il Romanticismo. Un complesso movimento letterario ed artistico nato nelle viscere del Classicismo e sorto sulle ceneri della Grande Rivoluzione Francese e dalle battaglie napoleoniche pone al centro la passione che sostituisce la ragione, l’interesse ardente per il misterioso e il soprannaturale, valorrizza i colori vivaci dei paesi lontani e spesso quasi sconosciuti.

Il fascino del balletto romantico è eterno e l’immagine della ballerina in arabesque con le braccia protrate verso l’infinito conserva il suo potere magico. Tuttavia non viene eguagliata alle altre arti, come succedeva nel ‘700, non condivide con loro le qualità estetiche.

Uno dei creatori del balletto romantico, poeta, librettista, gionalista e vero ideologo, Theophile Gautier, sostiene: “Dopo tutto, la danza non ha altro scopo se non mostrare bei corpi in pose aggraziate e di sviluppare linee piacevoli agli occhi. E’ ritmo silenzioso, musica resa visibile. La danza mal si adatta all’espressione di idee metafisiche; esprime soltanto le passioni”.

Quindi, secondo Gautier, la danza non comunica le idee. Nell’800 danzare significa il rapporto erotico. Ed ecco personaggi nuovi, storie nuove e molte innovazioni del vocabolario del balletto. Sfogliamo i libretti de La Sylphide, L’Ombre, Giselle, La Fille du Danube, La Péri.

Sono storie d’amore impossibile tra una lei soprannaturale e un lui mortale. Curiosiamo nei vecchi programmi di sala di Le Diable boiteaux, La Chatte métamorphosée en femme, La Gipsy, La Tarentule. Sono storie d’amore tra due umani dove lei è una straniera, spesso piena di energia e di brio, senza problemi di relazionarsi con gli uomini. Di questo repertorio che fu soprattutto della grande Fanny Elssler rimane soltanto un ricordo. Mentre anche oggi si può assistere agli incontri tra una silfide, una naiade, una villi e un uomo terreno.

Il libretto de La Sylphide viene attribuito al grande tenore d’epoca Adolphe Nourrit (il suo nome non apparve sulla locandina). Fu un grande interprete delle opere romantiche con i tradizionali divertissment ballati dove prendeva parte la ballerina romantica per antonomasia, Marie Taglioni. E’ probabile che Nourrit subì il suo fascino. La fonte letteraria del balletto è il racconto di Charles Nodier Trilby, ou le Lutin d’Arguail ma basta dare un’occhiata a entrambi per capire quanto sono diversi. Nel racconto la storia d’amore si svolge tra il furbo folletto Trilby e la fanciulla di nome Jenny, nel balletto i ruoli sono invertiti: il contadino scozzese James si innamora dello spirito dell’aria, la Silfide.

E’ una storia d’amore impossibile in cui lei, eterea e sfuggente, dolce e anche agressiva, è condannata a svanire nel nulla tutte le volte che lui l’avvicina, e lui a perseguitarla senza speranza di impadronirsene. Non si può possedere un sogno, quindi nel momento in cui James cattura la Silfide con l’aiuto della sciarpa datagli dalla stega Madge, la creatura alata muore.

La Sylphide non è soltanto un balletto meraviglioso, è un balletto assoltumente nuovo. Pochi anni prima sulla scena dell’Opéra regnavano gli dei dell’Olimpo o i personaggi contemporanei al pubblico, impegnate nelle vicende preferibilmente comiche. La Sylphide manda tutti questi personaggi in pensione; difatti, Gautier scrive: “Dopo La Sylphide, non furono più possibili Les Filets de Vulcain e Flore at Zéphir; l’Opéra era stata ceduta agli gnomi, alle ondine, alle salamandre, agli elfi, agli spiriti delle acque, alle willi, alle peri – a tutto quel popolo strano e misterioso che si presta così mirabilmente alle fantasie del maitre de ballet”. Le storie tratte dalla mitologia classica e le commedie domestiche finivano con festosi divertissment, le storie di amori impossibili con la morte di uno o addirittura di entrambi i protagonisti.

Il trono che fu del ballerino maschio va definitivamente e per molti decenni alla ballerina femmina: merito della leggendaria Marie Taglioni. La Silfide rimarrà per sempre la parte più importante del suo mito personale. Non più le prodezze techicne, gli sforzi muscolari, le pirouette e le batterie. Leggerezza, leggerezza e leggerezza: detto cento volte tuttavia non basta. La semplicità pure è indispensabile.La ballerina appare eterea, impalpabile, dalle linee allungate, sospesa per alcuni istanti in aria, possiede un formidabile aplomb e non necessita il sostegno del partner, è sempre pronta a staccarsi da terra: lo stile personale della Taglioni dovuto alle sue particolari caratteristiche fisiche esercita l’influenza su molte colleghe che cominciano a “taglionizzare”.

Nourrit e il padre della “divina Marie” Filippo offrono una formula teatrale molto efficace, basata sui contrasti: mondo reale e quello fantastico, una casa contadina e la foresta magica, giorno e notte, cultura e natura. Il mondo fantastico appartiene alle creature vestite di bianco candido: le ballet blanc colpisce l’immaginazione degli spettatori e ne conquista i cuori. Questa trovata arriverà ai nostri giorni.

La Sylphide presenta già tre “balene” sulle quali poseranno tutti i balletti che verranno: i protagonisti usano il linguaggio della danza classica, i loro antagonisti pure, ma il loro classico può avere delle sfumature del demi-caractére, il corpo di ballo che impersona la gente reale è naturale la danza di carattere, i “cattivi” si esprimono attraverso la pantomima e la danza grottesca.

E’ un balletto dal pensiero profondo e in questo supera Giselle, la sua parente: pone il difficile problema della scelta tra seguire un sogno o vivere la noia quotidiana, fa capire la differenza tra l’innamorarsi di una persona e dell’idea dell’amore, tra l’amore e il possesso.

Nel 1836 Auguste Bournonville crea la sua versione del balletto di Taglioni. Sylfiden danese è parecchio diversa dalla sorella francese: il mistero della protagonista viene sostituito dall’ingenua purezza, alla parte mascile data più importanza, il Grand Pas delle silfidi nel bosco è parecchio tagliato, il corteo nuziale di Effie e Gurn appare sul palcoscenico mentre nell’originale parigino esso passava in secondo piano, lontano dal pubblico: alla gente “normale” che non osa sognare è vietato ingresso nel bosco magico. E’ La Sylphide decisamente più “borghese”, prudente, moderata. Ma arriverà ai nostri giorni, mentre i francesi non si cureranno della conservazione dell’originale di Taglioni. Ci penserà “l’archeologo della danza” Pierre Lacotte.

IRINA SOROKINA

CURIOSITA’

Lo storico del balletto Yury Bakhrushin sosteneva che nel ruolo della Silfide Marie Taglioni apparve indossando le scarpette senza tacco color… nero!

Nel numero di ottobre del 1837 “Gazette de Théatre” apparve una notizie secondo la quale “i contadini russi arrivati nel loro villaggio raccontarono che in teatro avevano visto una fata bianca che entrava nel palco imperiale”. E’ ovvio che la protagonista della notizie fu Marie Taglioni, ma la presenza dei servi della gleba nel teatro fu davvero impossibile…

In Russia certi ufficiali, ardenti fan della Taglioni, comprarono le sue scarpette all’asta e le mangiarono a cena.

Nella Sylfiden di Auguste Bournonville le alette con “l’occhio di pavone” venivano correlate da un meccanismo d’orologio che le faceva muovere in continuazione.